Non ha ancora un nome comune ma solo quello scientifico Bathocordaeus charon ma, per esigenze di... conversazione, si può parlare di appendicolaria Caronte. Benché non le si possa attribuire particolare rarità (larvacei o appendicolarie vivono, tanto per fare un esempio, nell'area protetta di Portofino, nel Mar Ligure), si tratta di specie animali che interessano soprattutto il mondo scientifico e per questo motivo raramente sono citate con un nome in italiano. Nel caso della specie Bathocordaeus charon , le vicende legate alla sua classificazione sono un po' più complesse e misteriose. Infatti, si è tornati a parlarne nel dicembre 2016, dopo quasi 120 anni dalla sua scoperta, avvenuta nel 1899, ad opera del biologo Carl Chun, dell'università di Lipsia. Si tratta di una specie che appartiene alla famiglia degli Oicopleuridi e, appunto, alla classe dei Larvacei o Appendicolarie, dei tunicati marini delle acque profonde che gli anglosassoni chiamano sbrigativamente "blob".
Questa particolare specie era stata oggetto di occasionali avvistamenti e, negli ultimi decenni, aveva mostrato la propria traccia anche sugli schermi dei sonar ma è solo grazie alle ricerche dell'acquario di Monterey (California) che si sono potuti comparare degli esemplari, verificando che, nonostante l'affinità con il Bathocordaeus stygius, peraltro scoperto solo nel 1936, il charon  è effettivamente una specie differente (per entrambe il riferimento è alla mitologia, con il fiume Stige ed il traghettatore Caronte). I dubbi nascevano dal fatto che la specie stigia, benché scoperta 37 anni dopo, aveva potuto essere studiata meglio mentre non si erano trovati più campioni di Caronte. Queste piccole larve marine hanno dimensioni comprese tra 10 e 90 mm.