Melanismo, leucismo, mutazioni ecc.
I felini o, come li chiamano gli anglosassoni (dal linguaggio sempre pragmatico), "cats", gatti, sono tra gli animali più conosciuti, probabilmente perché il gatto domestico è uno dei mammiferi che da più tempo condivide sorte ed ambiente con il genere umano e questa vicinanza ha indotto l'uomo a studiare anche gli altri animali che costituiscono la famiglia dei Felidae. Dopo alcune migliaia di anni di attenzione, si sarebbe portati a ritenere che sui gatti non ci sia più molto da dire, ma non è così: su di essi si continuano a fare nuove scoperte e fioriscono nuove leggende, come quelle che parlano di grandi felini, in genere dal pelo nero, presenti come specie endemica sulla costa orientale degli Stati Uniti, in Gran Bretagna o addirittura in Australia (dove, invece, vivono soltanto felini importati).
Il melanismo
Il melanismo, cioè la colorazione integralmente o prevalentemente nera del pelo, nei felini, la cui livrea normalmente ha un colore mimetico, è il risultato di una mutazione genetica di tipo recessivo, le cui cause non sono del tutto note. Sicuramente avviene nell'ambito di popolazioni ristrette e l'ipotesi che si tratti di un adattamento a condizioni di vita (ad esempio, favorire il mimetismo durante l'attività notturna di caccia) gode sempre meno credito.
Uno studio del 1979 sul melanismo nei giaguari (Panthera onca), esteso anche agli altri felidi (L. von Ditrich: “Die Vererbung des Melanismus bein Jaguar”) elenca le seguenti specie nelle quali sono stati riscontrati esemplari dalla pelliccia nera o quasi completamente tale: oltre al giaguaro e al gatto della giungla (Felis chaus), nei quali il melanismo si presenta come un carattere dominante, sono citati il leopardo, la tigre, il leone, il leopardo delle nevi, il gatto selvatico, il serval, il gatto dorato africano, il gatto dorato asiatico, la lince rossa, il caracal, il gatto di monte (o di Geoffrey), il gatto tigrino (oncilla), il kodkod (gatto del Cile), il gatto della Pampa (pajero) e, limitatamente, il puma, per il quale l'autore indica esemplari segnalati nel 1892, nel 1989 e nel 1946.
L'esistenza del Puma (Puma concolor) nero è un argomento dibattuto da circa due secoli. Nel corso del 2000 biologi californiani hanno esaminato i rapporti di proprietari di terreni nella Contea di San Luis Obispo, che hanno più volte avvistato quello che hanno definito leone di montagna nero e lo hanno anche ripreso in video; le riprese sono state esaminate da esperti. Se quello filmato dai "farmers" fosse realmente un puma melanico non si può dire: in ogni caso si deve ritenere che questa colorazione nel puma sia rarissima. Vi sono indizi che potrebbe anche non trattarsi di reale melanismo, ma soltanto di puma con manto particolarmente scuro (forse con il ventre normalmente pallido).
Ancora più rare sembrano essere le tigri nere, mentre sulla possibilità che esistano leoni neri ci sembra si possa contraddire quanto è stato scritto da von Ditrich. A proprosito della tigre (Panthera tigris) circola almeno una fotografia che mostra il muso di un maestoso esemplare, vivente, completamente nero, ma potrebbe trattarsi di un falso fotografico. Più nota è la foto di un esemplare ucciso, che è descritto come grigio scuro con striature nere: la foto, però è in bianco e nero e non rimane che affidarsi alle testimonianze.
Quanto al leone (Panthera leo), come dicevamo, non esistono testimonianze certe relative ad individui melanici, ma si può dire che in cattività, negli anni scorsi, è nato un cucciolo con macchie nere sulle zampe.
Albinismo e leucismo
Dal punto di vista coloristico, l'opposto del melanismo è l'animale dal pelo bianco. Nei mammiferi la mutazione di alcuni geni può inibire la produzione di melanina (che è il pigmento base) ed allora si hanno esemplari con manto completamente bianco, pelle interamente rosa ed occhi rosa; in alcune specie vi sono forme di albinismo parziale che consentono la presenza di occhi azzurri. Differente, invece, è il leucismo, nel quale ad essere affetto è solo il pelo, ma gli occhi hanno il colore normale e possono esserci altri elementi distintivi caratteristici normali, come parti del corpo scure o tracce appena percettibili dell'abituale disegno delle macchie.
Nei felini l'albinismo non è un fenomeno frequente e, ad esempio, non si conoscono leoni albini. Per contro esistono colonie di leoni bianchi (leucistici) nel Kruger National Park e nell'Unfolozi Game Reserve, in Sud Africa, dove si possono vedere famiglie di leoni completamente bianchi o tendenti all'avorio e al crema, con occhi del colore normale.
Anche nelle tigri l'albinismo è raro, mentre in cattività vi sono abbastanza numerose tigri parzialmente albine che conservano le striature del manto ed hanno occhi azzurri, con la parte esposta dei piedi e del naso rosa. In un certo senso, sono animali "artificiali", in quanto tutti discendenti da un esemplare con queste caratteristiche catturato in India nel 1951. Si conoscono poi, almeno un paio di esempi di tigri con queste caratteristiche ma dal manto completamente bianco (privo, cioè delle strie scure).
Negli altri felini, come si è detto, questi fenomeni hanno incidenza trascurabile.
Altre mutazioni della livrea
Qualcuno ha detto che in natura ci sono più eccezioni che regole e probabilmente non era molto lontano dalla realtà. Infatti, se ai fini della colorazione degli animali melanismo ed albinismo/leucismo sono gli aspetti più vistosi, queste mutazioni genetiche non sono le uniche.
Esiste, ad esempio, l'eritrismo cioè una predominanza di pigmenti rossastri, che è comunque piuttosto raro: il caso meglio documentato nei felini è quello del leopardo impagliato del Fish and Wildlife Museum di Springfield (Missouri) che ha le caratteristiche di un esemplare melanico ma con il colore di fondo tendente al mogano. Una tale colorazione è stata riportata anche per le tigri, ma non se ne hanno fotografie.
Non si hanno fotografie neppure di tigri completamente senza strisce, segnalate quattro volte tra il 1961 ed il 1988 nella Similpal Tiger Reserve di Orissa, in India (dove, invece, è stata fotografata anche la tigre completamente bianca); in questo caso potrebbe trattarsi di un adattamento ad un ambiente in parte desertico.
Ben nota, invece, è la variante "isabellina" (denominazione peraltro scarsamente usata) della Tigre del Bengala (Panthera tigris tigris), chiamata comunemente con definizione tratte dalle razze dei gatti domestici, come Golden Tabby o Golden Bengal (ed anche "strawberry tiger"). Anche in questo caso si tratta della presenza di un gene recessivo che causa, riducendo la melanina, l'isabellismo, cioè la presenza del color isabella (ocra). Queste tigri dorate sono, in effetti, tigri bianche, nelle quali le striature sono più sottili e più chiare e permangono aree colorate abbastanza estese. Avvistate all'inizio del Novecento, le tigri del Bengala isabelline sono molto rare e ne sono state contate circa una trentina, la maggior parte delle quali in cattività.
Al confine tra realtà e leggenda (con basi forse più solide nella seconda) vi è la Tigre della Cina Meridionale (Panthera tigris amoyensis) maltese, chiamata anche tigre blu. Secondo alcuni potrebbe trattarsi di albini aneritristici che presentano un enzima che sintetizza la tirosinase, che favorisce un colore azzurrognolo; per altri quest'anomalia non si registrerebbe nei felini e si tratterebbe di altre cause. Le segnalazioni, comunque sono pochissime e si riferiscono alla provincia cinese di Fujan ed alla zona smilitarizzata tra le due Coree; la colorazione grigio ardesia, detta comunemente grigio-azzurra, oltre che nei gatti domestici maltesi, è stata riscontrata nelle linci comuni e nelle linci rosse.
Da segnalare ancora, a proposito di colorazioni anomale, il leopardo melanico brizzolato dello zoo di Glasgow, che unisce le caratteristiche del melanismo e del leucismo, con un aspetto "argentato" che è stato occasionalmente rilevato anche in altri mammiferi.
In natura, quando si parla di mammiferi terrestri, le pellicce hanno una colorazione relativamente monotona (causata dalla melanina) che, invariabilmente, produce sfumature di bruno o di grigio (partendo dal bianco per arrivare al nero nei casi dei quali si è parlato fin qui); logico, quindi, che quando si sentono nominare felini arancio o rosso, si intendano sfumature tendenti a quei colori, mentre le pellicce blu sono grigio scuro e quelle argentate sono il risultato della combinazione di peli neri, bianchi e grigi. Si parla anche di mammiferi verdi (principalmente tra le scimmie) e, in questo caso, ci si riferisce all'effetto prodotto da peli neri e giallastri, talvolta sommato al grigio-azzurro chiaro che appare in prossimità dell'epidermide. L'esempio più facile da verificare di "gatto verde" è quello di certi soriani, comunemente detti grigi. È probabilmente ad una pelliccia di questo tipo che fa riferimento chi ha parlato di "leoni verdi" e "leopardi verdi" africani, che riportiamo solo per completezza, in quanto si tratta di citazioni prive di qualsiasi documentazione.
Maculati anomali
La maggior parte dei felidi è maculata, con le più vistose eccezioni rappresentate dal leone, dal puma e da alcune altre specie di minori dimensioni, mentre, come si è visto, la tigre è striata. Quasi tutti i felidi, però, nascono maculati e in alcuni casi anche in quelli dal pelame uniforme le macchie non scompaiono nell'età adulta. Vi sono esempi, piuttosto rari ma ben documentati, di puma maculati anche dopo il raggiungimento della maturità, mentre più controverso è il caso degli appena citati "leoni verdi", che potrebbero essere una sorta di "leone soriano". Leoni maculati, comunque, sembrano esistere veramente (al di là dei leoponi, liard, lijagulep e jaglion cioè ibridi di leone, leopardo e giaguaro, nelle varie combinazioni, prodotti in cattività) e sarebbero il Marozi o Leone maculato degli Aberdares (Panthera leo maculata, benché nome comune e nome scientifico non siano stati ancora accettati dalla comunità zoologica).
Il marozi è conosciuto in Uganda come ntararago, in Ruanda come ikimizi ed in Ethiopia come abasambo ma, nonostante questa moltitudine di nomi, è tutt'altro che conosciuto. Nel 1931 ne sono stati abbattuti due sui monti Aberdares del Kenya e le loro pelli ed un cranio sono stati studiati nel 1937 da Reginald Innes Pocock al Natural History Museum di Londra. Il risultato è che si tratta apparentemente di leoni di piccola taglia, simili al Panthera leo somalicus, e, in base alla analisi degli scarsi reperti ed alle testimonianze di Kenneth Dower che negli anni trenta organizzò delle spedizioni alla loro ricerca, abituati a vivere a quote elevate, tra 3.000 e 3.800 m.
Sui monti Aberdares i leoni maculati non sono stati più avvistati negli ultimi 60 anni ma sono stati visti, ed anche fotografati, altrove.
Il capitolo delle particolarità dei felini e delle sottospecie non riconosciute o in via d'estinzione è tutt'altro che concluso e lascia ulteriori aspetti che potranno essere approfonditi in futuro.
La pantera nera... non esiste
Non è soltanto nella lingua italiana che un felino melanico (cioè con una mutazione genetica per la quale la sua pelliccia appare nera) si chiama, nel parlare comune, Pantera nera. Ma quale felide è la pantera? Stando al dizionario è la Panthera pardus, cioè il Leopardo; questa classificazione, è stata confermata nel 1996 dal Felid TAG (Taxonomic Advisory Group) e nell'ulteriore aggiornamento del 2000. La pantera nera, quindi, è il leopardo melanico; tuttavia, appartengono alla sottofamiglia dei panterini ed al genere delle pantere anche leoni, giaguari e tigri mentre sono panterini ma non pantere il leopardo nebuloso, il leopardo delle nevi ed il gatto marmorizzato.
Questo dal punto di vista scientifico, ma per il parlare comune tutti i felini neri sono pantere, complici anche i ricordi letterari che fanno parte del patrimonio culturale comune, legati a romanzi d'avventure e storie di pirati. Questa narrativa in genere era ambientata sulle coste orientali dell'Africa o nel Sud-Est Asiatico e nei secoli scorsi si tendeva a chiamare con il nome di pantera i leopardi che vivevano in quelle regioni; gli autori, poi, sceglievano per la loro narrazione la variante nera, sicuramente più evocativa. A complicare ulteriormente le cose va aggiunto che in America del Nord "panther" è anche il puma o il giaguaro...
La pantera nera ha finito per diventare il simbolo stesso di un fenomeno elusivo, e le cronache quotidiane dell'avvistamento di animali misteriosi parlano inevitabilmente di pantere nere, anche se poi l'analisi di fotografie e filmati molto spesso fa vedere quelli che sembrano essere gatti domestici o cani. Il fenomeno non riguarda solo l'Europa e si estende anche al Nord America ed all'Oceania: nei primi due casi le segnalazioni di felini neri, oltre alle citate specie domestiche, eventualmente inselvatichite, possono essere animali piuttosto rari ma comunque "residenti", come gatti selvatici o linci, oppure ibridi tra esemplari domestici e selvatici o anche fauna esotica sfuggita alla cattività.
La galassia dei felidi, comunque, dal punto di vista genetico è esplorata solo da pochi anni e non si possono escludere sorprese; più difficile, invece, è accettare le segnalazioni che vengono dall'Australia, dove non vivono felidi che non siano di importazione, per cui si deve pensare ad esemplari sfuggiti a zoo e parchi, a meno di non tirare in ballo la sopravvivenza di qualche specie di "leone marsupiale" del Pleistocene... |