Non sappiamo se qualcuno abbia compilato una statistica di quante delle scoperte che si continuano a fare riguardino le acque, le terre emerse o lo spazio, anche se è facile pensare che sia quest'ultimo che, essendo infinito (indipendentemente dalle teorie che vorrebbero delimitarlo) presenta le maggiori possibilità.
Tra le scoperte più recenti vi è quella degli Archi Rossi, della quale ha parlato il Prof. Michael Mendillo del Center for Space Phisics della Boston University, pubblicando un articolo su questo tema il 3 aprile 2013.
Alle indagini su questo fenomeno ha contribuito in modo fondamentale l'osservatorio Asiago (All-Sky Imaging Air-Glow Observatory), un elemento del complesso della Stazione Osservativa di Cima Ekar, a 1.366 m sull'Altipiano dei Sette Comuni presso Asiago (Vicenza). Tramite quest'osservatorio è stato possibile fotografare degli archi luminosi di colore rosso nella ionosfera, tanto deboli da non risultare visibili ad occhio nudo, ad una distanza compresa tra 85 e 600 km dalla Terra. Il fenomeno è tuttora in corso di studio ma si ritiene che sia una conseguenza delle tempeste magnetiche, quando gli atomi d'ossigeno nella ionosfera sono eccitati da elettroni della magnetosfera. A differenza delle aurore boreali che, come dice il loro nome, appaiono solo alle latitudini più elevate, gli archi rossi sono più "bassi" e sono stati registrati sulle Americhe e sul Pacifico; quelli avvistati dall'osservatoriio di Asiago si estendono dall'Irlanda alla Bielorussia.
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