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ali ormai estinti ritornano
L'Okapi o Okapia metà Giraffa metà Antilope
 

di Sir Harry H. Johnston, K. C. B.
La scoperta dell'okapi (anche okapia o ocapia) è universalmente attribuita a Sir Henry Hamilton (Harry) Johnston, Commissioner e console generale britannico nell'Africa Centrale Britannica, e la maggior parte della bibliografia la data al 1901, quando lo scopritore pubblicò degli articoli in proposito sugli "Smithsonian Reports" e su "McClure's Magazine", facendo rientrare quella dell'okapi tra le scoperte del XX Secolo.
In realtà, Sir Harry "scoprì" l'okapi durante il suo viaggio nel Congo del 1883, dove, peraltro, questo singolare mammifero era già noto, anche se la scienza ufficiale non lo aveva ancora catalogato.
L'articolo che pubblichiamo, a firma di Sir Harry Johnston, è apparso per la prima volta sul "McClure's Magazine" nel settembre 1901 con il titolo: "L'okapi; la recente scoperta dell'animale che vive nell'Africa Centrale"


Coppia di OkapiL'autore di quest'articolo ricorda di aver incontrato nella sua giovinezza - diciamo verso la fine degli anni Sessanta - un libro sugli animali strani dell'Africa centrale, che si diceva essere basato su informazioni tratte da lavori olandesi e portoghesi. La pubblicazione di questo libro era stata più o meno sollecitata all'epoca dalla scoperta da parte di Du Chaillu del gorilla e di altre strane creature sulla costa occidentale dell'Africa ed il suo scopo era affermare che v'era ogni probabilità di altre cose meravigliose ancora da scoprire nelle foreste dell'Africa Centrale. Tra queste meraviglie ipotizzate ricorreva il mito dell'unicorno. Brani tratti dai lavori dei citati scrittori olandesi e spagnoli erano riportati per mostrare che uno strano animale, simile ad un cavallo, con evidenti striature bianche e nere esisteva nel folto di queste foreste equatoriali. I racconti concordavano nel dire che il corpo dell'animale era come quello di un cavallo, ma i dettagli sul suo corno o corna erano molto vaghi. Il compilatore di questo libro, tuttavia, credeva che queste storie indicassero l'esistenza di un cavallo cornuto nell'Africa Centrale.

In qualche modo queste storie ‹ che potevano aver avuto un vago fondo di verità ‹ si ripresentavano alla memoria dello scrittore e furono rivissute quando Stanley pubblicò il suo resoconto della spedizione di Emin Pasha, "In Darkest Africa". Una nota nell'appendice di questo libro afferma che i pigmei del Kongo conoscono un animale di aspetto simile ad un asino che vive nelle loro foreste e che essi catturano nelle fosse che scavano per cacciare. La presenza di qualcosa di simile ad un cavallo o a un asino ‹ animali così inclini alle pianure erbose, senza alberi ‹ nel folto delle più fitte foreste del mondo mi sembrava così strana che decisi di compiere ulteriori ricerche sull'argomento ogniqualvolta il caso mi avesse portato in direzione delle grandi foreste del Kongo. Il caso fu molto gentile con me su questo argomento. In primo luogo, subito dopo il mio arrivo in Uganda, fui obbligato ad intervenire per impedire che un troppo intraprendente tedesco portasse via con la forza un gruppo di pigmei per esibirli all'Esposizione di Parigi. Questi piccoli uomini erano stati rapiti nel territorio dello Stato Libero del Kongo. Le autorità belghe molto appropriatamente fecero opposizione e l'impresario tedesco dovette fuggire con i suoi pigmei in territorio britannico; mi chiesero di liberarli dai ceppi e rinviarli alle loro case. Così feci, e nel farlo, riportandoli indietro verso le foreste nelle quali avevano vissuto, ottenni molte informazioni sull'animale simile ad un cavallo che essi chiamavano "okapi" (in effetti, i pigmei pronunciavano la parola "o'api" ma le tribù nere della foresta chiamavano la creatura "okapi"- NdA). Descrissero questa creatura come un essere simile ad una zebra ma con la parte superiore del corpo marrone scuro. I piedi, tuttavia, dissero, avevano più di un'unghia.

OkapiaQuando raggiunsi il territorio belga, sulla sponda occidentale del Fiume Semliki, rinnovai le mie domande. Gli ufficiali belgi subito dissero di conoscere l'okapi perfettamente bene, avendone visto frequentemente le carcasse trasportate dai nativi per cibarsene. Mi informarono che agli indigeni piaceva molto indossare le parti più colorate delle pelli; chiamarono fuori dai ranghi diversi nativi della milizia indigena e mi fecero mostrare bandoliere, cinture ed altre parti del loro equipaggiamento fatte con la pelle striata delle okapi. Descrissero l'animale come una creatura della famiglia dei cavalli, ma con grandi orecchie come quelle degli asini, un muso più corto e più di un'unghia per piede. Per un certo periodo pensai di essere sulle tracce del cavallo con zoccolo tripartito, lo hipparion. Fornito di guide, entrai nella più fitta foresta del Kongo con la mia spedizione, accompagnato anche da Mr. Doggett, il naturalista che faceva parte del mio "staff". Per diversi giorni cercammo l'okapi, ma invano. I nativi ci fecero vedere le sue supposte tracce, ma poiché si trattava di impronte di un animale con gli zoccoli suddivisi, mentre noi ci aspettavamo di vedere le orme di un cavallo, credemmo che gli indigeni volessero imbrogliarci e semplicemente farci vagare per la foresta. L'atmosfera era quasi irrespirabile con il suo calore da bagno turco, l'umidità fumosa ed il suo forte odore di vegetazione in decomposizione. In effetti, ci sembrava di essere stati trasportati ai tempi del miocene, ad un'epoca e ad un clima scarsamente idonei per l'umanità moderna. Forti attacchi di febbre non prostrarono solo gli europei ma anche i neri della squadra e fummo obbligati ad abbandonare la ricerca e ritornare alle praterie con i frammenti di pelle che avevamo potuto acquistare dai nativi. Vedendo il mio disappunto, gli ufficiali belgi gentilmente promisero di fare del loro meglio per procurarmi una pelle di okapi perfetta.

Alcuni mesi dopo la promessa fu mantenuta da Mr. Karl Eriksson, un ufficiale svedese al servizio dello Stato Libero del Kongo che aveva ottenuto da un soldato indigeno la pelli di un'okapi uccisa di recente. Aveva rimosso la pelle con molta cura e me l'aveva inviata, accompagnata dal cranio dell'animale morto e da un cranio più piccolo che aveva ottenuto separatamente. La pelle e i crani furono spediti a Londra, dove arrivarono con considerevole ritardo. Il British Museum incaricò di allestire l'okapi Mr. Rowland Ward, di Piccadilly, e dalla pelle montata e da altri dati ho tratto i disegni che illustrano quest'articolo. Includo anche una fotografia, scattata da me, della parte di foresta dove l'okapi fu trovata. Prima di inviare questa pelle in Europa, e mentre ancora ricordavo alcune indicazioni sull'aspetto dell'animale, ho fatto il disegno a colori che appare sul frontespizio di questo numero di "McClure's Magazine" ed è riportato anche nei "Proceedings of the London Zoological Society".

Questo disegno a colori differisce in qualche particolare dall'aspetto dell'okapi montato da Mr. Rowland Ward e da come è rappresentato nelle illustrazioni del presente articolo. Fino a quando l'okapi non sarà fotografata viva o morta e non sarà conosciuta in carne ed ossa, è difficile dire quale dei miei due disegni sia il più corretto. Nella prima illustrazione, che appare come frontespizio, ho dato alla creatura una corporatura più equina. Nello schizzo che accompagna quest'articolo, e che è soprattutto basato sull'allestimento di Mr. Rowland Ward dell'animale a partire dalla pelle stesa, la forma del corpo sembra più simile a quello di una giraffa, il parente più prossimo dell'okapi.
La taglia dell'okapi è quella di un grosso cervo maschio. Sta più alto sulle zampe di qualsiasi altro membro della famiglia dei bovini, ma per il resto potrei paragonare la sua taglia a quella di un bue. Come la giraffa, la creatura ha solo due unghie e nessuna traccia delle altre dita, che sono presenti nei cervi, nei bovini e nella maggior parte delle antilopi sotto forma di due piccole false unghie sui due lati del terzo e quarto zoccolo.

La colorazione dell'okapi è realmente straordinaria. Le guance e le fauci sono di un bianco giallastro, in netto contrasto con il collo dal colore scuro. La fronte è marrone rossiccio; le grandi, ampie orecchie sono della stessa tinta, orlate, tuttavia, di nero ebano. Il resto del capo sfuma dal rosso vino al nero ed una linea nera segue il naso fino alle narici. La bocca è color seppia ma ci sono radi baffi di peli giallo-rossicci attorno al labbro superiore. Il collo, le spalle, il corpo ed il garrese variano nelle tonalità dal seppia e dal nero ebano al rosso vino acceso. Il ventre è nerastro, a parte le gambe al di sotto delle ginocchia. La coda è marrone rossiccio acceso, con un piccolo pennacchio nero. I quarti posteriori e le gambe posteriori e anteriori sono bianco neve o color crema pallido, macchiati qua e là di arancio. Essi sono tuttavia vistosamente marcati di strisce e macchie nero fuocato che danno al posteriore dell'okapi un aspetto da zebra che ha causato i primi imprecisi riferimenti che indicavano la scoperta di un nuovo equino striato. Essendo le parti molli dell'animale ancora ignote, non si può affermare sicuramente che l'okapi possieda una lingua prensile come la giraffa, ma le labbra lunghe e flessibili sembrerebbero fare ammenda dei debolissimi denti anteriori. È probabile che le labbra e la lingua della creatura raccolgano le foglie delle quali si ciba, poiché, secondo i racconti degli indigeni, vive interamente di fogliame e piccoli ramoscelli. Come tutti i ruminanti viventi (eccetto il cammello), non ha denti anteriori nella mascella superiore. I molari sono molto simili a quelli della giraffa.

Il mio primo esame del cranio e della pelle dell'okapi mi suggerì di chiamarla provvisoriamente "helladotherium". Lo helladotherium era un animale simile alla giraffa che esisteva nell'epoca terziaria in Grecia, Asia Minore e India. In India lo helladotherium raggiunse una grossa taglia ma gli esemplari greci non erano grandi come la giraffa moderna. Lo helladotherium era senza corna, come l'okapi, e per un altro punto sembra quest'animale, poiché il suo collo non era sproporzionatamente lungo e le gambe anteriori e posteriori erano di lunghezza quasi eguale. L'okapi porta sul cranio le radici di tre corna, una volta senza dubbio prominenti come quelle delle attuali giraffe. Il processo di atrofizzazione, tuttavia, è andato avanti e nelle okapi viventi le radici delle corna si sono ridotte fino a diventare due escrescenze sulla fronte, sormontate da due piccoli ciuffi di peli rivolti verso l'esterno ed un meno visibile bozzo o gobba proprio in mezzo agli occhi. Benché l'okapi abbia certe superficiali somiglianze con lo helladotherium, è probabile, tutto sommato, che si situi piuttosto nella famiglia delle giraffe. essendo, tuttavia, sufficientemente differente da entrambi, è stato creato dal Prof. Ray Lankester un "genus" separato, al quale è stato dato il nome di ocapia.

OkapiPer quanto si sa fino ad ora, l'"habitat" attuale delle okapi è confinato alla parte settentrionale della foresta del Kongo, presso il Fiume Semliki. L'okapi si trova nel piccolo territorio di Mboga che è una porzione dell'Uganda Protectorate. Si trova anche nel territorio adiacente dello Stato Libero del Kongo. La stessa foresta, io credo, nasconde altre meraviglie oltre l'okapi, non ancora portate alla luce, inclusi gorilla enormi. Ho visto fotografie di queste grandi scimmie, scattate ad animali morti che erano stati uccisi dagli indigeni e portati ai belgi. Un'accurata ricerca può rivelare diverse altre strane aggiunte alla fauna dei mammiferi del mondo.

Molto recentemente i resti fossili di animali simili a giraffe sono stati trovati nel Basso Egitto come in Arabia, India, Grecia, Asia Minore ed Europa meridionale. È possibile che l'okapi e la giraffa siano le uniche forme sopravvissute di questo gruppo nell'Africa tropicale. La giraffa è sfuggita allo sterminio da parte degli animali carnivori con lo sviluppo delle sue enormi dimensioni e di differenti abitudini. La giraffa, diversamente dall'okapi, preferisce ambienti relativamente aperti, costellati di bassi alberi di acacia dei quali si ciba. Torreggiando al di sopra di questi alberi, la giraffa, con i suoi grandi occhi, da sei metri al di sopra del terreno esplora il paesaggio circostante e scopre l'avvicinarsi dei leoni, le uniche creature, a parte gli uomini, che le possono causare qualche danno. L'uomo, naturalmente ‹ i cacciatori britannici e boeri molto prima degli altri ‹ hanno fatto del loro meglio per sterminare la giraffa, così come ha sterminato il mammuth, l'uro, il quagga, il dodo e l'alca. Ma per la presenza dell'uomo, la giraffa ha potuto essere uno dei signori della Terra. L'indifesa okapi, invece, è sopravvissuta solamente nascondendosi nelle parti più fitte della foresta del Kongo, dove i leoni non penetrano mai e dove il leopardo vive sugli alberi e si ciba di scimmie. I soli nemici umani dell'okapi, quindi, sono stati i pigmei del Kongo e pochi neri di corporatura più grande che vivono sul limitare della foresta del Kongo. Quanto a lungo l'okapi sopravvivrà ora che gli indigeni possiedono le armi da fuoco e i collezionisti sono alla ricerca di questo straordinario animale è impossibile a dirsi. C'è da sperare che quanto prima i governi inglese e belga uniscano le forze per salvare l'okapi dall'estinzione.

Il gruppo di ruminanti cui appartiene l'ocapia comprende l'attuale giraffa e forse il "prongbuck" (antilocapra - Ndt) del Nord America. Molto indietro nella storia degli artiodattili (la maggior parte dei lettori di "McClure's Magazine" saprà che gli artiodattili sono un sottordine degli ungulati - NdA), quando in una parte di essi le corna divennero un carattere dominante, queste appendici si svilupparono soprattutto in due differenti modi. La famiglia dei cervidi sviluppò appendici ossee che partivano dalle bozze frontali e queste appendici cadevano e si rinnovavano ogni dodici mesi. Quando le corna del cervo maschio cadono essi hanno solo due escrescenze ossee che sporgono appena dalla superficie del cranio. I bovidi, o gruppo degli antilopi-bovidi, sviluppò prima lunghe sporgenze ossee che crescevano anno per anno fino all'età della maturità. Queste escrescenze ossee nel corso del tempo vennero incapsulate da un rivestimento corneo e così abbiamo i ruminanti dalle corna cave; perciò, quando questi rivestimenti cornei sono rimossi dal lungo alveo osseo risultano essere cavi; essi, infatti, non sono ossa solide che crescono su una radice cornea. Ma a metà strada tra questi due gruppi principali ce n'è un terzo, del quale la giraffa e l'antilocapra sono due esempi divergenti.

C'era uno stadio intermedio tra i cervi e i buoi. Appendici ossee, come quelle dei bovidi, ma non così lunghe, crebbero dal cranio e furono ricoperte di peli. Dalla sommità di queste appendici (come nel caso del "prongbuck", dell'estinto sivatherium e probabilmente degli antenati delle giraffe) crebbero ramificazioni o corna che cadevano di quando in quando, come nei cervi. Questo è il caso della moderna antilocapra e con trutta probabilità questo è il caso degli antenati della giraffa e di altri primi membri della famiglia dei giraffidi. La giraffa attuale mantiene solo le lunghe radici della corna o guaine, dall'estremità delle quali con tutta probabilità una volta spuntavano le corna. Nel caso dell'okapi, come già rimarcato, queste protuberanze ossee si sono gradualmente atrofizzate fino a diventare sporgenze scarsamente distinguibili. Per altri aspetti, tuttavia, il nuovo animale dell'Africa Centrale rappresenta piuttosto fedelmente il tipo primitivo dal quale la giraffa si è evoluta con l'esagerato sviluppo del collo e delle zampe.

OkapiaL'okapi oggi

L'okapi è divenuta uno dei simboli stessi della possibilità di scoprire grandi animali ignoti e viene frequentemente citata dalla criptozoologia.
Nell'ambito degli artiodattili, l'okapi o okapia (Okapia johnstoni), fa parte dei giraffidi, unitamente alla ben più nota e diffusa giraffa (Giraffa camelopardalis).
Ha un corpo lungo 2,00-2,10 m, è alta al garrese 1,50-1,70 m ed ha una coda della lunghezza di 30-42 cm; il suo peso corporeo è di 210-250 kg. La sua postura ricorda quella della giraffa mentre il bellissimo manto, dal pelo vellutato, ha un caratteristico colore dominante fulvo, con il posteriore zebrato; il forte contrasto dei colori fa dell'okapi un soggetto non facile per i fotografi naturalisti.

Anche per l'okapi, come per altri animali che vivono nella giungla meno penetrabile, è difficile avere un censimento attendibile della popolazione, ormai concentrata nella foresta di Ituri, in prossimità dei corsi d'acqua, nella parte settentrionale-orientale dell'ex-Congo Belga. In Uganda, dove nei primi decenni del secolo scorso è stata oggetto di una caccia indiscriminata, è ormai estinta.
Quest'animale ha una vita prevalentemente diurna e solitaria e solo temporaneamente vive in piccoli gruppi, con una distribuzione di non più di uno-due capi per chilometro quadrato. Ogni animale si sposta per diversi chilometri al giorno alla ricerca di foraggio (foglie, erba, frutti), in genere in silenzio; solo i piccoli sono rumorosi, emettendo versi di vario genere. Per provvedere alla necessità di certi minerali, talvolta l'okapi mangia delle argille solforose che si trovano sulle rive dei fiumi.

La gestazione dura 14-15 mesi e riguarda un solo cucciolo; la durata della vita media è di 15-20 anni in cattività ma si ritiene che possa anche superare i 30 anni.
A proposito dell'okapi nella storia, può essere interessante ricordare che nelle rovine di Persepoli (Iran) vi è un grande bassorilievo in cui sono raffigurate delle persone che portano dei doni a Serse il Grande (morto nel 465 a. C.) e tra esse vi sono alcuni pigmei che trascinano quella che appare inequivocabilmente un'okapi, segno che questa specie era già ben conosciuta dagli antichi persiani.

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